Il sonno polifasico promette di aiutarci a dormire meno ma meglio: come funziona questo tipo di sonno?

A volte le giornate di 24 ore ci sembrano fin troppo corte per riuscire a stare dietro a tutti gli impegni quotidiani.

Avremmo bisogno di 48 ore almeno e probabilmente tutte di fila, senza dover dormire.

Perché il sonno, anzi il buon sonno è un problema che affligge molte persone: il tempo per dormire è ridotto al minimo (difficilmente si riescono a rispettare le 8 ore di sonno indicate dai medici come salutari) e spesso ci svegliamo più stanchi di quando siamo andati a letto. 

Il sonno polifasico promette di venire incontro alle necessità imposte dai tempi moderni, riducendo il tempo complessivo dedicato al sonno ma migliorandone la qualità.

Vediamo come funziona, partendo prima di tutto dal concetto di sonno polifasico.

I diversi tipi di sonno

Quello a cui siamo normalmente abituati, almeno da adulti, è il sonno monofasico, che prevede una singola sessione di sonno durante le 24 ore, di almeno 8 ore.

Per i più fortunati c’è la possibilità di concedersi il sonno bifasico: una sessione di sonno più lunga (circa 6 ore) e un riposino a inframezzare la giornata (di 1 o 2 ore).

Il sonno polifasico è invece molto simile a quello dei neonati: il trucco è quello di dormire più volte al giorno, concedendosi diversi “intervalli” di riposo durante il giorno.

Considerando che quella del sonno polifasico è un’abitudine che naturalmente abbiamo, ma che modifichiamo nel tempo, possiamo considerare la possibilità di “spezzettare” durante l’arco della giornata.

Cos’è il sonno polifasico? Le diverse fasi di cui si compone il sonno

Il sonno polifasico non è una scoperta degli ultimi anni: questo sistema che consiste nel dormire più volte durante la giornata, per tempi brevi, pare sia stata utilizzata già da personaggi come Leonardo da Vinci e Napoleone.

L’obiettivo che il sonno polifasico tende a raggiungere è quello di dormire per un tempo minore, ma migliorare la qualità del sonno in modo da essere svegli e attivi durante le ore di veglia.

Per capire su cosa si base il sonno polifasico è importante capire in quante e quali fasi si suddivide il sonno. Le fasi principali del sonno sono 3:

  • sonno leggero;
  • sonno pesante;
  • fase REM (rapid eyes movements, in cui gli occhi si muovono rapidamente da una parte all’altra) che è anche la fase del sogno.

Questa sequenza si ripete più volte durante una sessione di sonno, sempre nello stesso ordine: in una notte normale la sequenza può ripetersi anche 4 o 5 volte.

Però non tutte le fasi del sonno hanno la stessa importanza per quel che riguarda la qualità del riposo: la più importante in questo senso è la fase REM.

Per chi sostiene l’efficacia del sonno polifasico basterebbero quindi sole 2 ore di fase REM per garantirsi l’energia necessaria per tutta la giornata.

Le diverse metodologie del sonno polifasico

Vista la natura del sonno, resta da capire come possiamo abituarci al sonno polifasico, che è molto distante dalla nostre abitudini di riposo. Le due metodologie che applicano il sonno polifasico più diffuse sono:

  • Ciclo Everyman: più facile da provare per i “principianti” del sonno polifasico, prevede una singola fase di sonno più lunga (che può variare dalle 2 alle 4 ore) e una serie di piccoli sonni, di 20 minuti ciascuno, durante la giornata;
  • Ciclo Uberman: più “radicale” almeno nei cambiamenti che impone a livello di sonno, prevede brevi riposi di 20 minuti ogni 4 ore, senza la fase di sonno più lunga.

Molto importante secondo i fautori del sonno polifasico è non saltare gli intervalli di riposo durante la giornata: se in un primo momento potrebbe risultare non semplice adattarsi a questi ritmi, si ritiene sia l’unico modo di “insegnare” al corpo a entrare immediatamente nella fase di sonno REM (saltando quindi il sonno leggero e quello pesante), ottenendo un riposo breve ma efficace.

Il sonno polifasico funziona davvero?

Secondo chi lo pratica il sonno polifasico avrebbe lo stesso effetto del sonno monofasico sul nostro corpo, ma con la possibilità di risparmiare tempo dedicato al riposo.

L’obiettivo del sonno polifasico è proprio questo: diminuire il tempo complessivo dedicato al sonno (dalle canoniche 6 fino a 2 ore) ma migliorare la qualità dello stesso.

Il funzionamento del sonno polifasico si basa su una sorta di condizionamento a cui il cervello viene sottoposto: sapendo di poter dormire al massimo 30 minuti, il cervello fa in modo che il sonno sia subito quello REM, evitando i passaggi “inutili” di sonno leggero e sonno pesante.

Ovviamente questo tipo di condizionamento richiede tempo e disciplina, perché all’inizio non è facile evitare la classica “dormita” inserendo invece i pisolini diurni (che in alcuni casi possono essere anche difficili da incastrare con gli impegni quotidiani).

Obiettivo del sonno polifasico è quello di diminuire la stanchezza e ottenere più energia e concentrazione dormendo meno ma dormendo meglio.

I rischi del sonno polifasico

Non è ancora chiaro se ci siano rischi nel praticare il sonno polifasico: una soluzione per diminuire questa eventualità è praticare questo tipo di sonno per un tempo limitato (6 mesi al massimo), in modo da dare al corpo il tempo di adattarsi ai nuovi ritmi ma allo stesso tempo di non procurare un eventuale stress troppo prolungato nel tempo.

Attenzione poi al tempo necessario per adattarsi a questo tipo di sonno: nel primo periodo è molto probabile che ci sentiremo stanchi o faremo fatica a concentrarci, quindi meglio evitare di compiere attività a rischio (come la guida o l’utilizzo di macchinari da lavoro).

Non dimentichiamo poi che non possiamo consumare alcool o caffè se vogliamo provare il sonno polifasico, perché potrebbe crearci dei problemi a rispettare il ritmo dei riposi diurni.

Inoltre questo tipo di sonno non va seguito da bambini e adolescenti, perché potrebbe influire negativamente sullo sviluppo e la crescita.

Se ci troviamo in particolari condizioni di salute (dopo un intervento chirurgico o un dopo una malattia) evitiamo di seguire il sonno polifasico, perché potrebbe ritardare i tempi di guarigione dell’organismo.

Allo stesso modo, se abbiamo patologie pregresse, consultiamo prima il nostro medico curante per capire se si tratta di un tipo di sonno adatto al nostro corpo.