Da quando l’uomo ha imparato a comunicare con i gesti e a impugnare un colore per disegnare, ha iniziato a raccontare storie, senza più fermarsi.

La narrazione è qualcosa che l’essere umano ha inscritto nel proprio DNA, che lo accompagna da sempre aiutandolo a elaborare ciò che accade nella vita quotidiana.

Questa riflessione quasi poetica, su cosa rappresenti il mondo dell’intrattenimento per noi, non è solo farina del mio sacco. Scienziati, filosofi e anche storici hanno condotto, infatti, ricerche sull’argomento (tra i più famosi, nonché il mio preferito, c’è il russo Vladimir Propp).

Ebbene, voglio mostrarvi, con esempi vividi, cosa significhi intrecciare finzione e realtà ma, soprattutto, svelarvi la potenza disarmante del narrare storie. Ecco 5 film e serie TV che hanno rotto lo schermo per migliorare la vita delle persone.

Tredici: una Storia di supporto e salvataggio

Uno degli esempi più conosciuti è forse quello legato alla serie TV Netflix Tredici. Per chi non la conoscesse, i suoi 49 episodi, suddivisi in quattro stagioni, raccontano lo sconvolgimento di una scuola causato dal suicidio di una sua alunna: Hannah.

La ragazza ha però lasciato delle spiegazioni registrate su delle audio cassette, le quali cambieranno per sempre i rapporti all’interno della sua cerchia di amici.

Un argomento decisamente forte e delicato che, quando la serie uscì, nel 2017, portò con sé varie proteste e polemiche.

Il prodotto era infatti disponibile sulla piattaforma, senza alcun limite di accesso, sia ad adolescenti che ad adulti.

Dopo la valanga che Netflix si trovò a dover gestire, decise di ricorrere ai ripari senza limitarsi ad aggiungere un semplice disclaimer a proposito dei contenuti sensibili.

Visto il successo della serie e i commenti positivi ricevuti da una fetta di pubblico, la famosa piattaforma di streaming aprì un sito di supporto a chiunque si fosse ritrovato o nei panni della protagonista Hannah, o in quelli dei suoi amici.

Come si legge immediatamente nella home di Wanna Talk About It, è possibile trovare aiuto per non affrontare da soli violenze sessuali, il proprio benessere mentale o l’autolesionismo.

Super Size Me – Il documentario che sfidò e vinse McDonald’s

Di tutt’altro genere è invece il documentario del 2004 scritto e diretto da  Morgan Spurlock. Il giovane americano decise di iniziare un esperimento piuttosto particolare che lo portò a girare una vera e propria inchiesta verso la multinazionale del junk food: McDonald’s.

L’obiettivo era osservare da vicino gli effetti del loro menù sulla salute dei clienti. Per raggiungere tale scopo, Morgan si mise al centro dell’esperimento, decidendo di mangiare per un mese, con tre pasti al giorno, nel ristorante dalla M gialla.

Durante il periodo di prova venne seguito da un medico generico, un cardiologo e un gastroenterologo.

Ebbene, come potete immaginare, il risultato non fu per niente lieto e, oltre a malesseri fisici come nausee e mal di stomaci, finì per aumentare la sua massa grassa del 22%.

Il documentario venne pubblicato su YouTube alzando subito un polverone che investì McDonald’s come un fulmine a ciel sereno.

La catena di fast food si vide costretta a prendere seri provvedimenti che andarono dal vietare ai propri dipendenti di proporre le opzioni super size dei menù, a meno che non fossero richieste dal cliente, fino all’introduzione di alternative più sane nella loro offerta di cibo.

Può sembrare una vittoria insignificante ma in realtà gli sconvolgimenti positivi si ripercossero nel giro di pochi mesi.

Orange is the New Black – Una storia di solidarietà

Tratta da una storia vera questa serie inglese racconta la vita all’interno dei carceri femminili negli Stati Uniti. Una volta sbarcata su Netflix la sua storia ha raggiunto il successo, arrivando alla produzione di ben sette stagioni.

Con i suoi 91 episodi, Orange is the New Black tratteggia in modo vivido e tristemente veritiero la vita spezzata che alcune donne si ritrovano a dover affrontare. Non solo: specialmente nelle ultime stagioni la serie si propone come critica ferrea alle politiche statunitensi riguardanti l’istruzione, la sanità, l’immigrazione e i servizi sociali.

Per non rimanere semplicemente un grido che si esaurisce con la fine della produzione televisiva, i produttori, in collaborazione con Netflix, hanno deciso di provare a cambiare sul serio la situazione.

Con il lancio della stagione finale, infatti, è stata avviato un fondo a sostegno delle donne che, da sole, si ritrovano a dover ricominciare una vita al di fuori del carcere. L’iniziativa prende il nome da uno dei personaggi più importanti e influenti della storia: Poussey.

Dopo due anni dall’apertura del Poussey Washington Fund, 11.457 persone hanno aderito all’iniziativa tramite donazioni, e le storie delle donne a cui è stata cambiata la vita, in meglio, continua ad aumentare.

Oscar life animated

Per la fine mi sono tenuta la storia più commovente e potente di tutte. Il protagonista si chiama Owen, un bambino (ora adulto) che dall’età di tre anni vide la sua vita cambiare in modo repentino.

I suoi atteggiamenti si irrigidirono, iniziò a chiudersi ai genitori e al mondo esterno e le sua capacità motorie ed intellettuali regredirono all’improvviso. La diagnosi fu chiara fin da subito: Owen ha una forma grave di autismo.  

Dal giorno in cui gli venne diagnosticato l’autismo Owen iniziò un percorso di cure e medicine ma, da solo, scoprì qualcosa di più potente, capace di aiutarlo ad aprirsi alla vita: i film di animazione di Walt Disney.

Un pomeriggio, infatti, dopo mesi di mutismo, la madre lo vide cantare davanti alla televisione, completamente immerso e felice in quel mondo di magia.

Da lì inizia un nuovo percorso di terapie basate proprio sui personaggi dei cartoni che Owen amava e con i quali si sentiva sicuro nell’esprimersi.

Gli obiettivi raggiunti con le canzoni dei suoi eroi non li avrebbero mai immaginati neanche i medici: un diploma, una relazione stabile e una vita in una casa autonoma a 120 km di distanza dai genitori. La sua storia è stata raccontata nel documentario premio Oscar Life, Animated, diretto da Roger Ross Williams.

Marvel – Le protesi per bimbi supereroi

Da sempre i supereroi sono il sogno di moltissimi bambini e bambine. Non semplici eroi ma veri e propri modelli e amici con cui passare i pomeriggi, sfogliando fumetti, smanettando sui joystick o guardando un film.

Con la rinascita poi della Marvel, che ad oggi è una delle case produttrici più forte sul mercato, la passione per questo mondo è andata moltiplicandosi a livello globale. Gli Avengers, ad oggi, fanno ormai parte dell’immaginario collettivo delle vecchie e delle nuove generazioni.

Ma, come detto nell’introduzione, le storie e i loro protagonisti non sono solo semplice intrattenimento. Ne sono ben consapevoli i medici e gli ingegneri della Open Bionics che dal 2017 hanno avviato il progetto Hero Arm.

Di cosa si tratta?

Semplice: le Hero Arm sono protesi che, oltre ad essere altamente dinamiche e innovative, hanno un design ispirato a Star Wars, Iron Man e Frozen. I bambini che ne avranno bisogno potranno così immedesimarsi nei loro eroi affrontando con maggior positività, coraggio e leggerezza questa difficile sfida che la vita gli ha posto.